Margherita Amici sul sistema bancario sammarinese

Margherita Amici sul sistema bancario sammarinese

Margherita Amici

Nell’ambito del comma dedicato all’attuale situazione del sistema bancario sammarinese e al progetto di Governo in merito, Margherita Amici è intervenuta con un’analisi puntuale che guarda anche alla storia recente.


 

Che la campagna elettorale sia terminata da mesi è chiaro a tutti. Il passo successivo è stato attuare il programma di governo che ha determinato quel vincolo di fiducia che lega maggioranza e Congresso di Stato ai cittadini.

I mesi passati sono stati per lo più spesi a discutere di banche. Se ieri era intuibile che il nostro programma di risanamento del sistema bancario e finanziario sammarinese non fosse gradito alle forze di opposizione, oggi è più chiaro che mai.

Non dimentichiamoci d’altronde che è stata proprio la questione bancaria a determinare la crisi di Governo nella passata legislatura. Il progetto di attuazione dell’Asset Quality Review per la gestione degli NPL non è mai stato ben digerito da certe forze politiche, che avrebbero preferito evitare questo passaggio, per i motivi che oggi sono palesi a tutti noi.

Andare a mettere le mani dentro le banche, valutare i crediti non performanti dei nostri istituti e poi scegliere una strategia di gestione degli stessi adeguata alle risultanze emerse, non sia mai!

Come se le banche sammarinesi non dovessero venir dissacrate da un’operazione di questo tipo. Un’operazione che si allinea perfettamente con gli standard internazionali e che altri Paesi hanno adottato per risolvere problematiche analoghe alle nostre.

Eppure a San Marino c’è sempre questa tendenza a volersi distinguere, non dico in negativo, il giudizio lo lascio a ben più autorevoli analisti del sistema; ma a volersi distinguere sì.

Il nostro Paese è stato per lunghi anni malato, affetto da una patologia che spero sanabile, anche se – al netto dei fatti degli ultimi mesi – lo dubito fortemente.

C’è sempre stata la convinzione che a fare i furbi si avesse sempre da guadagnare. Che sfruttare un sistema di anonimato, quale era quello esistente, per arricchirci follemente non avrebbe mai avuto conseguenze, se non positive. E ancora oggi c’è qualcuno che sussurra: “certo che una volta si stava bene”.

Quel benessere non poteva durare a lungo semplicemente perché era il prodotto di un’economia fantasma, la famosa piazza finanziaria, che mal generata e poi mal gestita, con la congiuntura della crisi economica globale del 2008, ha fatto scoppiare quel sistema, lasciando sul campo numerosi feriti e altrettanti morti.

Semplicemente è folle credere che i retaggi della Piazza finanziaria a tutti nota – dentro e fuori San Marino – si siano esauriti con le vicende giudiziarie di Conto Mazzini. A quel sistema sono imputabili non dico tutti, ma molti mali del nostro Paese e che oggi stiamo ancora vivendo.

Oggi, in quest’aula, stiamo affrontando una delle tante metastasi di quel sistema di malaffare, di quella gestione scellerata degli istituti bancari e finanziari, di quella commistione fra potere politico e gli stessi istituti vigilati, molti dei quali sono spariti, non se ne sente più parlare. La memoria corta è una malattia che affligge chi oggi grida “al colpo di Stato”.

Ricordo la vicenda di Banca del Titano, dove tra il 2005 e il 2006 era emerso un buco di circa 30 milioni di Euro. Anche all’epoca la Vigilanza di Banca Centrale era intervenuta con ritardo, sì, ma arrivò a disporne il commissariamento e poi la procedura di liquidazione coatta amministrativa. Ricordo anche che la decisione degli allora Segretari di Stato, Pier Marino Mularoni e Stefano Macina, fu quella di coinvolgere i sammarinesi, i singoli cittadini, nel ripianamento dell’ammanco in Banca del Titano. Venne chiesto ai tutti noi di salvare quell’istituto bancario, di tasca nostra.

Rispetto a quanto accaduto oggi ad Asset Banca, venutasi a trovare in condizioni analoghe, la scelta è stata diversa. Mi riferisco alla scelta politica, non al commissariamento, di competenza della Vigilanza di Banca Centrale. Si è deciso di considerare la Banca come Impresa Privata, quale è a tutti gli effetti di legge e, dunque, addossare ai responsabili della mala gestione tutte le conseguenze che dalla legge discendono.

Tutte le conseguenze che non il Segretario di Stato Celli, non il Congresso di Stato, il CCR, Banca Centrale, i suoi vertici, la Vigilanza si sono inventati. Non soluzioni fantasiose. Si è deciso di far rispettare e di applicare la legge. Capisco che nel nostro Paese questo sia strano. Capisco che faccia gridare al “colpo di stato”.

Vogliamo parlare di colpo di stato? Certo, è un colpo di stato nella misura in cui imporre il rispetto della legge va a colpire quello stato delle cose in cui la nostra Repubblica si trovava non da anni, ma da decenni! Questo è un colpo di stato contro il vecchio sistema, contro il malaffare, contro i provvedimenti ad personam o – concedetemi la licenza – ad bancam.

All’epoca del commissarimento di Banca del Titano, risalente 2006, e poi del processo penale contro Pace, Marangoni e Frezza, le testate dei giornali sammarinesi riportavano titoli molto simili a quelli che leggiamo oggi.

Il 21 aprile 2008 si leggeva su L’Informazione: “Fra Asset Banca e Banca del Titano, a rischio il sistema bancario e finanziario sammarinese”. Poco meno di dieci anni fa, con il giro di vite che si decise di attuare sulla piazza finanziaria sfrenata e vergognosa di questo Paese, già si proclamava la deflagrazione del sistema bancario-finanziario.

C’era già chi, ieri come oggi, imputava a questi provvedimenti della Vigilanza di Banca Centrale – in attuazione della legge, attenzione! – c’era chi imputava a questi provvedimenti di commissariamento delle banche e delle finanziarie sammarinesi l’effetto di minare il buon nome della Repubblica e il prestigio del suo Sistema Bancario e Finanziario.

È come dire: se aumentano i processi penali nella Repubblica, perché i magistrati fanno il loro lavoro – s’intende – e perseguono i reati, allora si rischia di minare il buon nome di San Marino, di fare una grama figura con chi ci guarda da fuori e nessuno vorrà più venire qui, nessuno vorrà più investire a San Marino.

Perché è stato detto questo. È stato affermato che con l’AQR e i suoi esiti, tutti gli investitori interessati a San Marino si terranno ben lontani dal venire a portare i loro capitali qui. Ma non prendiamoci in giro! Quali sono mai stati i grandi investitori che hanno portato progetti virtuosi di sviluppo nella nostra Repubblica? Certo, ora i cosiddetti grandi investitori, se così li si vuole chiamare, che negli anni hanno fatto transitare milioni e milioni di Euro nelle casse dei nostri istituti bancari si guardano bene dal tornare in Repubblica.

Ma io penso che una ricchezza costruita su presupposti fumosi, incerti e nemmeno poi tanto legali, sia destinata a terminare. E non ci si può piangere addosso se nel frattempo, nei decenni passati, non si sono portati avanti progetti di sviluppo seri e concreti, non si è pensato a come rilanciare l’economia del Paese con progetti strutturali per generare una ricchezza reale, slegata dalla connivenza della classe politica del passato.

Dunque si è detto che l’AQR ha danneggiato il Paese. Che la legalità ha impoverito il Paese. Che andare a mettere le mani nelle banche, per tutela ignari risparmiatori ha distrutto il sistema economico di San Marino. Non so se ci si rende conto della gravità di queste affermazioni. Penso di no, ma è una mia opinione. Per ricordare anche l’epilogo di Banca del Titano, la vicenda si concluse poi – in sede penale – con tre condanne: tre anni e sei mesi per l’ex direttore Adriano Pace e per l’imprenditore marchigiano Stefano Marangoni, più 9.000 Euro di multa. Un anno e nove mesi per Maurizio Frezza, terzo imputato nel processo per truffa e 6.000 Euro di multa. Sebbene alcune ombre sul buco che portò al fallimento dell’Istituto rimasero. Che le dodici banche e le oltre cinquanta finanziarie operanti a San Marino nei tempi d’oro della piazza finanziaria avessero stretto relazioni pericolose con molte banche del sistema romagnolo (la vicenda Delta, per dirne una) ma non solo, doveva essere già chiaro molti anni fa.

Tra l’altro la vicenda Delta fu solo una svolta della maxi-inchiesta partita nel 2007 dalla Procura di Forlì, divenuta famosa poi col nome di “Re Nero”, nella quale il cerchio si strinse sui rapporti tra Asset Banca e Banca di Credito e Risparmio della Romagna. Qual era l’accusa? Vogliamo ricordarla? Esportazione illecita di capitali dall’Italia verso San Marino, abusivo esercizio dell’attività bancaria e finanziaria e, chiaramente, riciclaggio.

Quindi che Asset Banca fosse affetta da qualche patologia già si sapeva. Per non renderla più vittima di quanto già non sia stato fatto fino ad oggi, diciamo pure che più che di patologia di dovrebbe parlare di tendenze delinquenziali.

Gli inquirenti dell’indagine Re Nero, lavorando sui flussi di denaro emersi nel corso dell’inchiesta, individuarono una corposa negoziazione di assegni nelle finanziarie collegate alle banche del Titano. Per gli inquirenti, il denaro – si parla di milioni di Euro – sarebbe stato essenzialmente il frutto di distrazioni di somme societarie e, in definitiva, somme sottratte al fisco. E allora, per tornare a un’analisi delle cause della situazione odierna – di questo tremendo “colpo di stato”, per citare alcuni membri dell’opposizione – vogliamo fare una riflessione su quei 14 miliardi che riempivano la pancia delle banche e delle finanziarie sammarinesi?

Chi lamenta la fuga di capitali, il progressivo svuotamento degli istituti bancari sammarinesi, la crisi di liquidità, si fermi a riflettere un attimo e si ponga la seguente domanda: da dove veniva tutta quella ricchezza? Non è una domanda peregrina.

Dunque, che dal 2008 – con gli scudi fiscali prima e con la Voluntary Disclosure poi – si sia assistito a un costante deflusso di capitali dagli istituti sammarinesi a quelli italiani – e del circondario – non è poi così strano. Non è strano nella misura in cui quel denaro che riempiva le pance dei nostri soggetti vigilati avesse una provenienza non dico illegale, ma, quantomeno, illecita o, se proprio vogliamo essere buoni, di dubbia liceità. In dubio pro reo. Non sia mai che ci venga detto di essere giustizialisti. C’è anche la teoria dell’”operazione del terrore” perpetrata dal Segretario Celli, se vogliamo chiamarla così. “In cinque mesi le nostre banche si sono svuotate e l’operato del Segretario Celli e dei vertici di Banca Centrale ha determinato la crisi di liquidità odierna”. Questo il refrain, ripetuto fino alla nausea, dalle forze di opposizione.

Che la crisi di liquidità sia imputabile all’operazione verità sui conti pubblici, alla luce degli eventi passati riportati alla memoria di quest’aula, nonché alle iniziative di progressivo abbandono del segreto bancario e dell’opacità fiscale, per un sensato ripristino della legalità e della compliance a livello internazionale, ecco, io credo che siano affermazioni da soppesare con attenzione.

C’è chi vuole intraprendere la strada del negazionismo; forse per interessi sottaciuti, forse per timore di trovarsi faccia a faccia con i demoni rinvenuti dentro al vaso di Pandora che abbiamo scoperchiato? Può essere. Questo lo vedremo. Ma le mistificazioni di tutto quello che abbiamo portato avanti in questi mesi e della bontà del 4 domenica 18 giugno 2017 percorso di legalità che abbiamo intrapreso non fanno onore a quest’aula ma, soprattutto, non ci fermano e non ci fermeranno.

Qualche parola sull’ordinanza Pasini. Di nuovo voglio ricorrere alla storia per spiegarmi gli eventi odierni. Io penso che nel nostro passato, anche più recente, ci siano elementi importanti per capire quello che accade oggi. Veniamo a tempi più recenti.

Luglio 2010: la Fin Project veniva reintegrata nell’albo dei soggetti vigilati, per effetto dell’ordinanza sospensiva del Giudice Amministrativo di Primo Grado, Giuseppe Costanzo. Anche all’epoca, come Asset, Fin Project aveva impugnato il provvedimento che disponeva il Commissariamento e si vedeva accolta, come oggi Asset, l’istanza di sospensione cautelare del procedimento. Dunque, dopo una prima fase di commissariamento, durata appena tre settimane, quella famosa finanziaria riprendeva piena operatività. All’epoca Banca Centrale rilevò gravi irregolarità nella gestione dell’istituto. Gravi irregolarità che vennero poi accertate nel prosieguo del giudizio.

Il 27 maggio 2011, arrivava la decisione di secondo grado con cui il Giudice d’Appello, pronunciandosi nel merito, confermava la legittimità del provvedimento di LCA disposto dal Congresso di Stato e da Banca Centrale nel luglio 2010. Il 27 dicembre 2011 veniva depositata dal Giudice per la terza istanza la sentenza definitiva, che confermava la decisione di secondo grado, statuendo la piena legittimità dell’operato del Congresso di Stato e di Banca Centrale sulla vicenda Finproject.

Una grande analogia. Più che analogia si potrebbe dire con serenità che la storia si ripete. Ma con una sostanziale differenza che non può passare in sordina per la sua importanza. Il giudice Amministrativo Costanzo, nell’ordinanza con cui concedeva la sospensiva e consentiva a Finproject di riprendere operatività, fino all’esito sopra ricordato, non si pronunciava nel merito. Come era giusto e corretto che fosse. Il giudizio operato da Costanzo sulla procedura di LCA si limitava a un controllo di legittimità formale.

Evidentemente, allora come ora, la Vigilanza di BCSM aveva commesso qualche errore procedurale, puntualmente rilevato dal Giudice Amministrativo. Ma nella sostanza, le sviste di procedura non hanno minimamente influito sul giudizio di merito, che ha portato alla luce gravi irregolarità nella finanziaria già paventate da BCSM e, in epilogo, la ripresa della Liquidazione Coatta Amministrativa dell’istituto. E poi da lì si è scatenato l’inferno: sono questi gli antefatti del processo che oggi conosciamo col nome di “Conto Mazzini”.

Se all’ordinanza di Costanzo si fosse attribuito lo stesso significato che oggi viene predicato per l’ordinanza Pasini, forse non si sarebbe mai approdati alle indagini e poi alla celebrazione di Conto Mazzini. Oppure, per fare lo stesso ragionamento al contrario: volendo avvallare l’interpretazione che le forze di opposizione danno all’ordinanza del giudice Pasini, postulando che sia stato effettivamente sbagliato tutto e che Asset Banca non meritava un trattamento tanto vergognoso e scellerato; postulando tutto ciò come vero, allora il processo Mazzini altro non è che una grande bolla di sapone. Un gigantesco travisamento.

Non pensiamo, colleghi consiglieri, che non sia tutto collegato. Non facciamo credere alla cittadinanza che quello che accade oggi non abbia la minima attinenza con il passato, più o meno recente.

Non dimentichiamoci che fino a poco tempo fa i vertici di Asset Banca nella coscienza e nell’opinione pubblica altro non erano che gli imputati di Re Nero; uno di questi, addirittura, si proclamava, orgoglioso, “il re del nero”. Anche la posizione dell’avvocato difensore, ben noto a tutti, si era alquanto aggravata in quel processo penale. Lo vogliamo dimenticare?

Ci sono intercettazioni, ci sono prove acquisite in dibattimento, nel processo che si celebra a Forlì. Chiaro, vale il principio dell’innocenza fino a prova contraria. Ma ciò non significa che se le autorità preposte adottano provvedimenti di un certo tipo su quell’Istituto bancario, allora i ruoli si debbano invertire e queste persone diventino le vittime del sistema.

Poniamo fine alle mistificazioni. Questo è il momento di essere coerenti e di proseguire sulla strada della legalità, intrapresa da questo governo e da questa maggioranza.

Il realismo con cui si è affrontato il problema del sistema bancario e finanziario ha richiesto e richiede oggi grande coraggio. Un coraggio che forse, anzi sicuramente, non ci farà guadagnare una corona di alloro. Non sono le dimissioni del Segretario Celli a essere un atto dovuto; questo coraggio è invece un atto dovuto, per il Paese e per i sammarinesi. Saranno poi le generazioni che verranno a riconoscere i meriti e i demeriti.

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