Crisi bancarie: gli anni ’90 non ci hanno insegnato nulla?

Crisi bancarie: gli anni ’90 non ci hanno insegnato nulla?

Chi viola le leggi è giusto che paghi, soprattutto se di mezzo ci sono i soldi dei cittadini come quelli dei fondi pensione. La sentenza di primo grado del processo CIS-Guidi, originata dalle risultanze della Commissione d’Inchiesta sottoscritta all’unanimità, ha individuato pesanti responsabilità nella gestione della banca e impone molte riflessioni sul sistema bancario e finanziario impostato dalle alleanze Dc-Partito Socialista degli anni ‘90. A partire dal micidiale decennio 1992-2001, il sistema è stato perfezionato nei primi anni duemila con elargizioni a gogo’ di società finanziarie, fondazioni, licenze bancarie e relative regalie alla politica, come il processo Mazzini ha documentato. I governi successivi, con enorme fatica, hanno posto rimedio per recuperare la fiducia delle istituzioni internazionali. Il Segretario agli Esteri di allora, Antonella Mularoni, assieme a qualche altro membro di governo, ha svolto un’azione fondamentale per il recupero della credibilità della Repubblica.
Il punto è purtroppo sempre lo stesso: quando ci sono di mezzo le crisi bancarie, a San Marino pagano i cittadini e, in molti casi, i dipendenti perdono il lavoro. La legge sulle risoluzioni bancarie del 2019 è stata di poco o di nessun effetto ed è nata in ragione del patto politico su cui è sorta l’attuale maggioranza che, successivamente, ha fatto volentieri a meno di chi ne aveva propiziato il gioco.
Banca Centrale, l’istituzione che doveva vigilare sul sistema bancario (Banca del Titano, Partner, ECB, Credito Sammarinese, SMI, Banca commerciale, Asset, CIS) ha quasi sempre dato gli imprimatur tecnici in ritardo. Anche l’ultima Vigilanza – quella post Savorelli, Sommella, Siotto – pare aver latitato sul commissariamento di CIS avvenuto per iniziativa di altri soggetti. Mentre chi dissentiva dalle iniziative di BCSM è stato accusato strumentalmente di far parte della cricca, è passato sotto traccia il fatto che un partito, la Dc, era il beneficiario delle sponsorizzazioni di CIS e un membro dell’attuale maggioranza – oggi transumato in un gruppo di recente costituzione – aveva rapporti di affari con l’azionista di riferimento di CIS.
La prossima annunciata re-intronizzazione del presidente di Banca Centrale è il segnale che quanto accaduto in passato non ha insegnato nulla. Questa scelta lascia intendere che San Marino non ha, secondo il governo, persone in grado di reggere ruoli dirigenti in questo settore.
Prendiamo atto che chi ha irriso le istituzioni del nostro Paese, le ha selezionate in base ai propri rapporti politici, ha detto di aver interloquito con i vertici dei servizi di intelligence esteri, ha avvallato un enorme finanziamento al CIS poco prima del commissariamento, ha falsificato un verbale del Consiglio Direttivo di BCSM – come emerge dalla relazione della Commissione d’Inchiesta – è diventata “de facto” insostituibile, oltretutto in assenza di risultati veri, tangibili e sostanziali.
Allora il motivo della scelta non può che essere un altro. Che il governo non può o non vuole dire.
Se il settore bancario-finanziario non ritorna ad essere solido, se non si affrontano i nodi dell’attuale contingenza come quelli relativi al debito pubblico, all’attrazione di capitali esteri credibili e affidabili, a nuovi operatori che possano offrire servizi finanziari moderni ed efficienti, non ci saranno le condizioni per risollevare il Paese.
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