Fabrizio Perotto sul PdL di modifica dell’ordinamento penitenziario

Fabrizio Perotto sul PdL di modifica dell’ordinamento penitenziario

Oggi in Consiglio Grande e Generale è in discussione in prima lettura il Progetto di legge “Modifiche alla Legge 29 aprile 1997 n.44 Ordinamento Penitenziario” (I lettura). Pubblichiamo l’intervento in merito del nostro consigliere Fabrizio Perotto.


 

Grazie Eccellenza,

Signori consiglieri,

Intervengo con piacere ed interesse nel comma riferito alla modifica dell’Ordinamento Penitenziario.

Voltaire sosteneva che ”per capire e conoscere la dignità di un Paese occorre vederne le carceri”. Con questa affermazione si vuole fare capire che la civiltà di un popolo dipende dalle condizioni ambientali e sociali in cui versano i carcerati che vengono accolti nella struttura.

L’Europa da anni riserva importanza alle condizioni di tali strutture penitenziarie; nella vicina Italia, movimenti hanno fatto enormi battaglie sulla condizione delle carceri e della dignità dei loro detenuti. La detenzione del carcerato è nata con lo scopo del reinserimento e del recupero sociale delle persone, tramite l’espiazione della pena, dopo un periodo di privazione della libertà personale.

Negli ultimi decenni, purtroppo il carcere ha avuto la funzione di repressione del reato, isolamento sociale del responsabile ed emarginazione sociale.

Il carcere e il suo aspetto più restrittivo della libertà, devono essere una via transitoria nel percorso di recupero di un cittadino che si rende responsabile di condotte scorrette. Il carcere non può risolvere il problema della correttezza di comportamenti nella società, ma deve essere il tramite per un nuovo percorso di vita del detenuto.

Una massima sosteneva che “la prigione è una fabbrica che trasforma gli uomini in animali. Le probabilità che uno esca peggiore di quando ci è entrato sono altissime.” Il rischio che il trattamento non dignitoso e la solitudine sociale possano peggiorare la condizione sociale, intellettiva ed emotiva del detenuto è molto forte.

In questo senso la possibilità per il detenuto – nelle condizioni in cui non venga considerato un pericolo per la salute pubblica – di eseguire attività lavorative dentro e fuori dal carcere, credo che siano il miglior modo per ottemperare alle necessità di giustizia della pena e di reinserimento sociale del cittadino ritenuto responsabile di reato.

Di particolare importanza l’articolo 18, la cui riformulazione con il presente progetto di legge, prevede una riqualificazione del lavoro interno per il detenuto, stabilendo quindi le modalità di svolgimento dell’attività lavorativa presso la struttura carceraria.

Un carcere che si rispetti, e che soprattutto funga da riscoperta sociale e personale del detenuto deve mettere in atto tutte quelle funzioni che possano portare l’individuo a riabilitarsi agli occhi della società. Il carcere fine a se stesso, non potrà non solo recuperare umanamente l’individuo, ma manterrà sempre il detenuto come un rifiuto per la società.

Il lavoro come garanzia di recupero sociale, come strumento in mano allo Stato per un reinserimento del cittadino detenuto nella stessa. Lo Stato deve creare le condizione affinché la privazione della libertà personale e l’attività lavorativa interna o esterna possano far emergere la consapevolezza nel detenuto che esista un domani, una possibilità di recuperare socialmente la propria dignità di uomo.

Molto importante è anche la nuova concezione che prevede che il detenuto, tramite la propria attività lavorativa sia essa interna o esterna, contribuisca alle spese di assistenza carceraria.

Non è certo un tema di secondo piano: il cittadino che commette un reato penale per cui il carcere diviene lo strumento necessario, non può essere un peso per lo Stato, un aggravio economico sulle casse dei contribuenti.

Anche questa visione dell’articolato vuole esprimere una speranza di recupero sociale. Il detenuto deve essere responsabilizzato ad un ritorno nella società sammarinese. Plaudo il legislatore in merito alla possibilità di espressione artigianale, intellettuale ed artistica dei detenuti. L’arte e tutte le sue forme sono il miglior viatico di recupero sociale di una persona.

Il detenuto se è messo nelle condizioni personali di esprimere la propria creatività in arte potrà facilmente e nel miglior modo possibile recuperare la propria interiorità e nel momento che potrà ritornare nella società, potrà meglio esprimere la coscienza di nuovo cittadino.

Un’importanza va segnalata alla possibilità di addivenire nel più breve tempo possibile ed avere sul territorio sammarinese una nuova struttura carceraria, che risponda alle nuove esigenze di dignità per i detenuti e di maggior controllo e gestione da parte delle forze dell’ordine.

Un carcere con un nuova filosofia, rispetto alla presente struttura che è nata in un contesto sociale ed economico diverso da quello odierno. Una struttura che permetta un lavoro interno di recupero sociale e di manifestazione delle proprie capacità professionali dei detenuti. Di spazi adeguati per tutte le attività personali, artistiche e di controllo.

Un carcere che permetta un domani ai detenuti e alla società di recuperare cittadini che, in un periodo particolare, si sono resi responsabili di condotte scorrette.

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