Sabrina Carattoni: i vaccini sono la speranza

Sabrina Carattoni: i vaccini sono la speranza

Comunicati Stampa, News

Si è appena concluso un anno difficile e pieno di dolore, come si fa a ritrovare fiducia e ripartire?

Da una crisi come quella che stiamo attraversando, aggravata dalla pandemia, si può uscire migliori o peggiori… il problema è uscirne migliori.

Abbiamo bisogno di avere delle risposte concrete, reali, e in questo momento l’unica risposta concreta che si può dare sono i Vaccini. I Vaccini sono la Speranza!

La speranza di tutelarci e difenderci dal virus, la speranza di non perdere il posto di lavoro o di ritrovarlo, la speranza di farcela e di conseguenza ripartire.

Oggi a noi sammarinesi non è dato avere Speranza, non abbiamo una data certa in cui comincerà la campagna di vaccinazione di massa, leggiamo giornalmente comunicati vaghi, che il più delle volte si contraddicono, dimenticandoci che siamo in emergenza!

Uno stato così piccolo è stato imbrigliato, anche a causa della pandemia, in tutta una serie di regole burocratiche che hanno fatto in modo che anche le visite vengono fatte per telefono, nel rispetto di rigide procedure sanitarie.

Ma non sono il rispetto delle regole e delle procedure operative dettate da questo momento storico che è mia intenzione criticare. Il rispetto delle regole, specialmente in questi momenti, è l’architrave di ogni società civile, ma il rispetto delle regole accompagnato dal calore umano è ciò che caratterizza, o perlomeno dovrebbe caratterizzare, una piccola comunità come la nostra.

Nel tempo è cresciuta la cultura dell’indifferenza, dell’egoismo, che sta distruggendo il nostro Paese e ci allontana gli uni dagli altri, con grande soddisfazione di chi in questo modo può portare avanti i propri piani personalistici, affari oscuri e mire di potere.

Per tanti, troppi anni le briciole che cadevano dal tavolo degli epuloni, e delle quali tutti noi ci siamo più o meno cibati, sono state sufficienti per far nascere prima, e sviluppare poi, questa nuova cultura che ha ridotto la meritocrazia ad un concetto solamente astratto, bello a dirsi e da leggere sui libri di testo, un concetto che è stato sacrificato non per celebrare l’anniversario del completamento del tempio di Giove Capitolino, così come facevano i veri epuloni nel 196 a.C., ma per creare una Repubblica non più basata sulle competenze ma sui rapporti personali, sul reciproco compiacimento e sul mantenimento ad ogni costo di situazioni di equilibrio che spesso nulla hanno a che fare con i principi di efficienza o di gestione ottimale della cosa pubblica.

D’altronde… cosa aspettarsi di differente da una cultura che sembra aver derubricato la meritocrazia?

Le inefficienze che molti di noi lamentano circa la gestione di questa pandemia altro non sono che l’inevitabile conseguenza di una cultura che da più di un ventennio sacrifica i più capaci per privilegiare altri discutibili parametri di valutazione. La classe politica altro non è che l’espressione di questa cultura, ovvero di un modo di pensare e di agire condiviso dalle maggioranze di turno: solo criticarla è una scorciatoia per evitare di affrontare un lungo e tortuoso lavoro di introspezione; cambiarla è una panacea che, in quanto tale, non risolve il vero problema, come è stato ampiamente dimostrato,

Non stupiamoci, quindi, verso quelle che noi lamentiamo essere le inefficienze del sistema, della sanità o delle procedure sanitarie: cos’altro potremmo aspettarci come prodotto della cultura delle “briciole che cadono dalla tavola degli epuloni”?

Era inevitabile che questa pandemia, che ci sta privando degli affetti più cari e mette in forse il futuro dei nostri figli, portasse tutti i nodi al pettine.

Il primo, necessario passo verso una soluzione culturale del problema, ovvero l’unica soluzione possibile, dovrebbe essere quello di un confronto politico per far rinascere la speranza, un confronto politico ove appaia con chiarezza e in maniera inequivocabile che le idee e le scelte non sono una risultanza della ricerca di consensi elettorali o di una appartenenza.

Il passo successivo, fondamentale, che dovrebbe entrare nella consapevolezza di tutti noi, è il più difficile, ma al contempo l’unico in grado di salvare i nostri figli: avere la forza di non affidarsi al politico di turno per avere piccoli/grandi benefici e, soprattutto, la forza di accettare che è giusto che vadano avanti i più meritevoli.

A questo punto, la risoluzione di tutti i problemi, passati e futuri, incluso quello contingente dell’ospedale e delle procedure operative, arriverà naturalmente. Tutti insieme ce la possiamo fare. Al contrario, continuare a guardare solo i nostri interessi ci porterà ad essere ricordati come la generazione che ha umiliato la storia millenaria della quale avremmo dovuto essere fieri portatori.

Sabrina Carattoni

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