Quando l’amore è cieco

Quando l’amore è cieco

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Fino alla seconda metà del secolo scorso succedeva con una certa frequenza che qualche fanciulla di buona famiglia, magari illibata, tutta casa letto e chiesa, si invaghisse di qualche giovane di bella presenza, magari un po’ scavezzacollo; il parentado ovviamente si opponeva a questo legame inconsulto, e allora i due spasimanti realizzavano il loro sogno d’amore con una fuga di qualche giorno rifugiandosi generalmente in una pensioncina di periferia o presso amici compiacenti.

Al ritorno, di fronte al fatto compiuto, c’erano tre vie di uscita: o il ricovero coatto della sciagurata in un monastero di clausura, o la ricerca di un “partito” migliore che grazie ad un’adeguata dote sposasse la fanciulla senza badare alle chiacchiere, o il matrimonio riparatore col giovane scapestrato, nella speranza che mettesse giudizio.

Per fortuna questi inciampi sentimentali non succedono più, ma la ricerca di un approdo per gli sbalestrati ora si verifica nella politica.

La fanciulla, che chiameremo D.C., di fronte alla necessità impellente di riposizionarsi al potere, ha cercato un partner intraprendente scegliendo il promettente Movimento RETE.

E’ successo così: nel dicembre 2016, in occasione delle ultime elezioni, RETE, un movimento giovane e piuttosto velleitario, abbagliato dal costante aumento dei consensi raccolti dai social network, aveva in mente di agguantare la vittoria mettendo finalmente all’opposizione il sistema di potere che stava sgovernando da circa trent’anni, impersonato dalla Democrazia Cristiana con l’ausilio dei vari gruppetti socialisti in perenne lotta per assicurarsi un posto alla sua ombra.

Il regime si trovava in notevole crisi politica. La legge elettorale prevedeva, dopo il primo turno, il ballottaggio fra il primo e il secondo gruppo più votato (partito o coalizione) e gli apparentamenti dovevano essere dichiarati prima delle elezioni. RETE con DIM aspirava al primo posto, o quanto meno al secondo, convinta poi di battere tranquillamente la coalizione della DC al ballottaggio. Mai aveva messo in conto il secondo posto alla coalizione ADESSO.sm, che invece ha battuto la coalizione avversaria con quasi il 60% dei voti.

Così RETE tagliata fuori dall’agone e D.C. sbattuta fuori dal potere non hanno perso tempo e hanno subito improvvisato una canea di lamentele contro la legge truffa che non rispecchiava a loro parere la composizione del Consiglio Grande e Generale e di conseguenza delegittimava il governo eletto con regolare voto del popolo.

La condotta dell’opposizione basata sulla innaturale alleanza fra diavolo e acquasanta è stata asfissiante per tre anni, durante i quali la nuova maggioranza di governo ha cercato di sistemare parecchie cose sul piano amministrativo, economico, legislativo e giudiziario, ma dovendo anche chiedere sacrifici alla popolazione, purtroppo ormai disabituata a sostenerli dopo essere stata blandita e viziata da una politica del tutto clientelare.

Così le opposizioni hanno avuto buon gioco a promuovere e vincere un referendum che abrogava la legge elettorale e a improvvisarne un’altra ad uso e consumo dei soliti maneggioni.

La dabbenaggine e i disegni inconfessabili di parte di SSD e Civico 10, partiti alleati di Repubblica Futura nella compagine governativa, hanno portato a perorare la crisi di governo due anni prima della fine della legislatura col rischio di vanificare così tutto il lavoro svolto per promuovere la ripresa dell’economia rilanciandola in modo più credibile specie nei confronti dell’Europa e nei rapporti con l’Italia. Al tempo stesso hanno messo il freno per impedire la conclusione di provvedimenti giudiziari impellenti, a cominciare dal conto Mazzini in modo da ritardare l’iter dei lavori e magari avvicinarsi alla tanto sospirata caduta in Prescrizione delle gravi sanzioni previste per parecchi condannati di alto rango.

Che fosse questa la ragione principale di tanta fretta a far cadere il governo?

Sembra di sì.

Lo dimostra l’indegna gazzarra dell’ultima seduta consiliare del 8 novembre nella quale non si è voluto arrivare alla formale presa d’atto della nomina di due nuovi Magistrati. (Ma la Reggenza non era quella “di garanzia”?).

A questo punto le idee cominciano a diventare più chiare; i partiti avversari ci hanno spianato la strada. RETE ha ufficialmente dichiarato che dopo il voto è aperta al dialogo e alla collaborazione con tutti ad esclusione di Repubblica Futura (e quindi dell’ex Alleanza Popolare); la franchezza è lodevole e ci rende orgogliosi; sembra quasi ingenua se non fosse che la prudenza ci fa dubitare chissà quale disegno da parte di strateghi così acuti e agguerriti.

La DC si è espressa in modo analogo, anche se un po’ più velato (conosciamo bene la sua tradizionale e furba ruffianaggine).

In sostanza Repubblica Futura sembra diventata il capro espiatorio di tutti i mali di San Marino.

E dire che nessuno di noi è indagato o in attesa di giudizio e tanto meno condannato in trepida attesa di prescrizione.

Quelli del sistema di potere che ha inquinato per una trentina di anni la politica, le istituzioni, il mondo economico-finanziario e in definitiva la società, che hanno diffamato il Paese in tutto il mondo, hanno dato tanto lavoro ai tribunali, hanno popolato le carceri, sono in attesa di giudizio definitivo e passano le notti insonni tramando contro la giustizia; quelli sono tutti santarelli benemeriti che hanno inventato la finanza allegra, hanno ventilato un benessere esagerato e perenne alla cittadinanza realizzandolo per sé stessi; e hanno lasciato le macerie.

Se i sammarinesi non hanno capito o non vogliono capire da che parte è il torto, facciano uno sforzo di intelligenza e di onestà.

I giustizialisti radicaleggianti a senso unico, le vivaci suffragette, i corrotti-corruttori e gli speculatori di sempre con tutti i loro discendenti sociali e politici, tutti opportunisti, invece di amoreggiare come adolescenti in calore, facciano un serio esame di coscienza e si ritirino una buona volta nella clausura di uno spazioso convento.

In ogni caso noi continueremo a vigilare e a operare per il bene della nostra Repubblica.

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