La mobilità dei dipendenti della PA: la schizofrenia della DC e il silenzio degli alleati

La mobilità dei dipendenti della PA: la schizofrenia della DC e il silenzio degli alleati

Nei giorni scorsi il Governo ha emanato il Decreto Delegato 31 maggio 2022 n.86, intitolato “Mobilità del personale del Settore Pubblico Allargato e copertura dei profili di ruolo”, con il quale si propone di:
a) razionalizzare l’utilizzo del personale nel Settore Pubblico Allargato;
b) accrescere l’efficienza dell’Amministrazione;
c) garantire l’ottimale allocazione dei pubblici dipendenti.
Dalla sua lettura, però, si percepisce subito un totale scollamento tra gli obiettivi teorici e le norme attuative.
Dopo l’esordio al Governo con il ribaltone operato nei confronti dell’allora Dirigente del Tribunale, legittimamente nominato ma esautorato con una legge retroattiva che ha prodotto confusioni varie nella gestione dei procedimenti, ecco che, con passo celere – forse perché preoccupata da una possibile fine anticipata dell’esperienza di Governo – la DC (con Rete muta e complice e gli altri componenti della maggioranza disinteressati) si sta affrettando a compiere una serie di operazioni piratesche per gettare nel baratro tutti i settori della Pubblica Amministrazione e, quindi, il Paese intero.
Nulla di quanto elaborato appare, infatti, ispirato alle logiche di buon funzionamento e, meno che meno, al rispetto della dignità dei dipendenti e, quindi, dell’utenza. Oltretutto, le grandi manovre avvengono in totale spregio della gerarchia delle fonti e – ci pare – in assenza di coperture normative e deleghe adeguate, consapevoli dell’impunità totale di cui godono i manovratori.
Con l’ultimo Decreto, il n.86/2022, si vuole addirittura rivoluzionare lo status di tutti i dipendenti della PA (introducendo concetti come la “mobilità interdipartimentale”) con un Decreto Delegato, senza alcuna delega di Legge ed anzi, ancor peggio, in violazione di talune disposizioni di legge esistenti.
Il nuovo istituto della mobilità interdipartimentale cozza violentemente con l’architettura generale della PA, ispirata, in numerose norme di legge, al principio della netta separazione fra Politica e Amministrazione ed all’autonomia gestionale dei dirigenti, per i quali la gestione delle risorse umane assegnate non può essere minata da improvvise azioni del Direttore di Dipartimento volte a spostarle in altro Ufficio.
Ma su questo hanno preferito fare finta di niente sia il solito Leguleio (eppure, il principio della gerarchia delle fonti del diritto si studia al primo anno di giurisprudenza!), sia ovviamente il fantasma della Parva Domus, il Segretario agli Interni che, anche stavolta, ha fatto da portalettere della DGFP, il tutto, come al solito, in assenza di qualunque dialogo con gli Uffici e in spregio dei dipendenti pubblici e dell’utenza.
Sembrano quindi una ulteriore beffa le dichiarazioni del Segretario Tonnini, quando afferma che il nuovo modello di organizzazione degli Uffici verrà, come il 2° Fabbisogno, discusso con le parti interessate, visto che nemmeno quest’ultimo è stato frutto di un confronto con i Sindacati e gli Uffici.
La verità, infatti, è un’altra: il nuovo modello organizzativo mira a spogliare sempre di più i Dirigenti di qualunque controllo sugli Uffici, incluso il personale, al fine di renderne i servizi ed il relativo staff totalmente asserviti ai diktat politici: il centro decisionale sarà infatti nella persona dei Direttori di Dipartimento che sono di nomina politica. Sarebbe interessante capire, a questo punto, come si può continuare a parlare di responsabilizzazione dei Dirigenti se praticamente essi non hanno più alcuna autonomia decisionale: e dire che questo aspetto (cioè, che non vi può essere responsabilità senza autonomia) era stato uno dei concetti fondamentali enunciati in uno dei corsi di formazione organizzati proprio dalla DGFP.
Ma il progetto è fallimentare perché chi negli Uffici ha lavorato in prima linea, sa bene che forzare ulteriormente la macchina pubblica, prediligendo solo l’asservimento politico a discapito delle capacità e delle competenze, ne determinerà nell’immediato futuro la definitiva implosione: la complessità del lavoro che ormai caratterizza tutti i settori e la lunghezza dei tempi per la formazione delle risorse umane, rendono del tutto inattuabile la malsana idea di spostarle senza criterio da un Ufficio all’altro, secondo gli umori del Direttore di Dipartimento (magari sotto pressioni politiche).
La percezione che si ha leggendo il D.D. 86/2022, come pure il D.D. 10/2022 e il 73/2022, è che la loro attuazione determinerà ulteriori e maggiori inefficienze, malessere fra i dipendenti e malcontento nell’utenza dato l’inevitabile scadimento dei servizi pubblici che ne conseguirà, con buona pace degli obiettivi di razionalizzazione, efficienza ed ottima allocazione degli impiegati dello Stato.
Con queste premesse, anche il progetto di riforma del procedimento disciplinare dei pubblici dipendenti, attualmente in prima lettura, non lascia sperare nulla di buono.
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