Quando l’emergenza sarà finita, ci sarà un nuovo rapporto col personale sanitario?

Quando l’emergenza sarà finita, ci sarà un nuovo rapporto col personale sanitario?

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Quando l’emergenza CORONAVIRUS sarà finita, sicuramente San Marino non sarà più lo stesso paese.

Saranno cambiati anche i sammarinesi e sarà cambiato, mi auguro, anche il loro rapporto con i medici e il personale sanitario.

Oggi i medici sono considerati alla stregua di eroi, di angeli che con la loro dedizione hanno aiutato e aiutano le persone malate accettando – senza scomporsi –  i rischi per la propria salute e per quella dei loro congiunti, lavorando a volte con strumenti inadeguati e combattendo un nemico sconosciuto e insidioso che ha mietuto e mieterà vittime come nessuno poteva immaginare.

Ma solo fino a due mesi fa, questo amore verso i sanitari era veramente tale? il difficile lavoro dei medici veniva riconosciuto dalla maggioranza della gente? No.

Purtroppo l’atteggiamento di molti, troppi nostri concittadini era critico: ogni risultato imperfetto, ogni complicanza, venivano classificati come “malasanità” e addebitati ai medici. Le denunce per presunti errori erano all’ordine del giorno e i pazienti guardavano con diffidenza l’operato dei sanitari. Che fine hanno fatto i giudizi sui medici accusati di causare danni o addirittura morti per presunta superficialità, per incompetenza o peggio  ancora per scarsa professionalità? E gli studi legali che garantivano cospicui risarcimenti per presunti errori medici, stanno ancora preparando insidiose e malevole pubblicità contro i medici?

Oggi i medici sono applauditi, apprezzati, perfino coccolati anche dai media e sembrano lontani, ma non lo sono,  i tempi del “mostro in prima pagina”, del medico colpevole a prescindere, dell’appartenente alla casta dei privilegiati. Non molto tempo fa, perfino in quest’Aula sono state lanciate accuse di venalità con i medici dipinti da alcune forze politiche come professionisti spregiudicati solo perché volevano e vogliono fare anche la libera professione, trasformati in profittatori (a scopo di lucro) dei pazienti, dileggiati da manifesti appesi nella sede di qualche partito.

Quando tutto sarà finito, ci si ricorderà del tempo presente o si ritornerà alle accuse, alle polemiche ed ai richiami al giuramento di Ippocrate da parte di chi non sa nemmeno di cosa parla?

Ci si ricorderà dei medici che non smontavano dai turni per continuare ad assistere, a rischio della propria vita, i malati di coronavirus e a prestare cure a tutti gli altri pazienti, a tutti coloro che ne avevano bisogno pur in condizioni in cui una emergenza doveva avere la priorità delle attenzioni?
Siamo sicuri che l’attenzione oggi riservata con tanto rispetto ai virologi, ai microbiologi, agli epidemiologi, ai medici in generale, continuerà anche dopo la fine dell’emergenza pandemica? O tutto finirà nel dimenticatoio, come e’ tradizione e prassi di un paese che non ricorda il passato, non si capisce se per difetto di memoria o rimozione di ricordi per salvare una cattiva coscienza?

Capisco che oggi non sarebbe tempo di polemiche ma di unità di intenti e di azioni concrete e condivise da parte di istituzioni e cittadini; ma qualche riflessione va fatta soprattutto per rendere il rapporto futuro tra classe medica e cittadinanza (e classe politica) più sereno e collaborativo.

Spero che la terribile esperienza che stiamo vivendo ci abbia insegnato alcune cose, fondamentali per mantenere la nostra sanità a buoni livelli e per superare le criticità che si sono manifestate.

Abbiamo finalmente compreso che vi sono pochi medici e pochi infermieri? Spero di sì.

Se ciò è dovuto più alle dissennate politiche universitarie di un altro paese o alla nostra poca lungimiranza, è una bella gara ma non è questo il punto.

Non possiamo permetterci di perdere professionisti quando il rimpiazzo, anche in termini di esperienza, è quasi impossibile.

E faccio due esempi. Oggi assistiamo alle dimissioni di un direttore di reparto senza che nessuno, in ambito amministrativo dirigenziale, abbia la cortesia di informarsi presso il professionista sui motivi delle dimissioni o eserciti pressioni per revocarle.
Assistiamo anche all’annunciata prossima stabilizzazione, prevista in uno dei tanti decreti di questi giorni, limitatamente ad alcuni ricorsi pendenti presso il tribunale da parte di infermieri quando le necessità di ricopertura di quei posti sarebbe infinitamente superiore. Saggio sarebbe stabilizzare, tramite accordo con le organizzazioni sindacali, tutti i precari che prestano servizio nei ruoli medici e tecnico-infermieristici, non solo per evidenti ragioni di opportunità ma anche per riconoscere quanto queste figure professionali hanno dato alla collettività e al paese in questo periodo di pandemia.

Dunque, si deve uscire da questa crisi con alcuni insegnamenti di cui fare tesoro: incentivare il personale sanitario a rimanere presso la nostra struttura, stabilizzare quelli che vivono ancora nella sfera del precariato, snellire le pratiche relative agli acquisti della tecnologia, importante al pari dei professionisti per offrire prestazioni di qualità.

È chiaro che nella debita considerazione deve essere tenuto il lato economico ed è per questo che si dovrà ragionare su quale potrà essere un futuro sostenibile per la nostra sanità. In ogni caso dovremmo fare in modo di non farci trovare mai più impreparati ad affrontare un’emergenza. Anche l’esperienza italiana insegna: i trenta miliardi di euro sottratti alla sanità dal presidente Monti in poi, sono stati sicuramente la causa di parte delle difficoltà italiane e fronteggiare la pandemia.

Dovremmo investire o continuare ad investire in sanità, ripensando comunque a un modello organizzativo che ha presentato qualche falla e dovremmo farlo fin da subito.

L’epidemia da Coronavirus non deve far dimenticare che esistono ancora altre malattie che devono essere curate. La Sanità, fin da ora, deve pensare a come far ripartire una realtà parallela, perché la vita va avanti e tutti hanno il diritto di essere assistiti nei tempi dovuti. È necessario un Comitato Esecutivo che gestisca in maniera puntuale e competente il ripristino di tutte le attività sanitarie. Niente sarà facile, lo sappiamo,  ma è anche vero che le capacità e le competenze di chi dirige emergeranno maggiormente in questo periodo di crisi.

Poi non abbiamo pensato alla salute psicologica delle persone e solo di recente è stato istituito il supporto psicologico per gli operatori, molti dei quali usciranno provati emotivamente da questa esperienza.

Questo tipo di sostegno a favore degli operatori e volontari dovrebbe mantenersi nel tempo perché l’evento straordinario affrontato è stato psicologicamente devastante al pari di un terremoto o di una alluvione.

Occorre sostenere gli ammalati, le famiglie che hanno avuto perdite, gli anziani rimasti soli per i quali la presenza del compagno rappresentava un motivo di vita, svanito senza nemmeno la possibilità di un ultimo saluto, e occuparsi dei bambini che non hanno più visto i loro nonni.

Occorre migliorare l’assistenza domiciliare per gli ammalati o per coloro che rientrano a casa ma ancora soggetti a quarantena, comprendendo anche la logistica del rientro, perché anche questo fa parte dell’assistenza. Occorre identificare ambienti adeguati nel caso di abitazioni che non permettano l’isolamento al ritorno a casa e durante la quarantena.
Insomma, è compito di chi ha le responsabilità politiche e tecniche creare percorsi e dettare linee guida per tutte le scelte, anche immediate, che dovranno essere messe in atto. Dimostrino, governo e maggioranza, la forza e la coesione che fino ad ora hanno mostrato solo nei confronti degli interventi sul Tribunale, che non condivido per niente ma che cito perché forza e coesione sono indispensabili per uscire da una crisi (parlo della sanità ma potrei estendere il ragionamento ad altri ambiti), per uscire da una crisi senza precedenti.

Nel corso di queste difficili settimane, sono sicura che tutti gli attori impegnati nella lotta per combattere il Covid 19 e limitare il contagio abbiano fatto il possibile.

Ci sono state però alcune categorie di professionisti che hanno tenuto in piedi la baracca: oltre gli operatori sanitari, anche la protezione civile e le forze dell’ordine.
Quanto al governo, anch’esso ha fatto quanto poteva e qualunque altro governo si sarebbe trovato in difficoltà. Non siamo stati i migliori del mondo e nemmeno fra i primi come emerso dalle relazioni dei Segretari. Non scendo naturalmente a descrivere in particolare perché non siamo fra i migliori del mondo. Prendiamo atto che tutti ci siamo dati da fare.

Un’ultima cosa. Gli ordini dei medici  italiani stanno evidenziando, attraverso la consultazione di social e testate giornalistiche, che vi sono studi  legali che in piena emergenza COVID si offrono per sollecitare i familiari delle vittime a promuovere azioni risarcitorie contro ospedali, medici e infermieri, vale a dire contro coloro che con abnegazione e sacrificio stanno mettendo a repentaglio la loro vita per salvare quella degli altri.
Per favore, impediamo che ciò avvenga anche nel nostro paese. In Italia sono stati sollecitati ad intervenire gli Ordini degli Avvocati di diverse regioni.

Aggiungo due parole per il giornalista che ha travisato i pochi concetti che avevo espresso ieri l’altro prima di essere interrotta dalla Reggenza.
Quello che avevo cominciato a dire non era il sostegno ad una pretesa immunità permanente dei medici ma solo lo spunto per riflettere sugli atteggiamenti sbagliati, e di convenienza, che cittadini e politica praticano un po’ troppo spesso.
Ma al di là delle chiacchiere vittimistiche sulla correttezza delle persone, ciascuno risponde per quello che fa e che ha fatto durante la carriera, che è una cartina al tornasole molto credibile per misurare l’onorabilità di una persona. E la mia è una carriera onorata, quella di altri non so…
In più, la reazione del giornalista che ha dedicato addirittura un editoriale alle poche parole che avevo pronunciato, dimostra il suo risentimento per la denuncia che ASMO – l’associazione dei medici ospedalieri – aveva presentato a suo carico qualche hanno fa quando io ero il presidente, e per la quale il giornalista fu condannato.
E non aggiungo altro…

 

Miriam Farinelli

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