Decreto Scuola: l’intervento di Pier Luigi Zanotti – CGG del 20.09.18

Decreto Scuola: l’intervento di Pier Luigi Zanotti – CGG del 20.09.18

Pier Luigi Zanotti

Riguardo a questo al decreto mi chiedo, leggendolo e rileggendolo e sentendo le opinioni di tutti – sia pro che contro – se tutte le preoccupazioni e gli obbrobri denunciati non siano un tantino esagerati. Rispetto ogni opinione, sono sicuro che tutti gli insegnanti abbiano a cuore la scuola. Mi dico: può essere stato sovrastimato l’effetto di questo decreto?
Proviamo a guardare ciò che concretamente il decreto stabilisce.

  1. Non sono stati recepiti gli interventi particolarmente impattanti sulla scuola e sulla professionalità degli insegnanti contenuti nella relazione sulla revisione della spesa pubblica, quali ad esempio l’accorpamento dei plessi piccoli, l’aumento del numero massimo di allievi per classe, l’impiego di personale docente per la gestione dei Centri Estivi, si è deciso di non applicare alla scuola le percentuali di riduzione di spesa previste dalla relazione
  2. Scuola infanzia: finora le norme indicavano la presenza di 4 insegnanti per un numero di bambini fino a 34. Poi dal 35.esimo bambino si aumentava subito di 2 insegnanti fino alla soglia dei 52 bambini. Cosa fa il decreto? Semplicemente norma una situazione già attuale, cioè da 35 a 43 bambini si aggiunge un insegnante solo, e da 44 a 52 si aggiunge il 2° insegnante per arrivare a 6. Norma una situazione già esistente perché la commissione paritetica delle cattedre ha più volte deliberato, in deroga alla legge, l’assegnazione di 5 insegnanti, anziché 6, in plessi scolastici con un numero superiore a 34. Questa norma si applica ovviamente solo ai plessi piccoli e sembra del tutto ragionevole. Consideriamo che l’infanzia non è la scuola dell’obbligo e che il numero reale di bambini presenti NON È MAI PARI ALLE ISCRIZIONI.
    I dati delle presenze indicano che l’assenza dei bambini è il 20%, quindi ad esempio su 43 bambini si hanno mediamente 8/9 assenti; non solo ma tale percentuale diminuisce sensibilmente alle 14, circa il 50%, per poi ridursi progressivamente ad un bambino su 4 alle ore 16.
    Visti tali dati non sembra, obiettivamente, esagerato dire che il decreto peggiora fortemente la didattica? È qui l’incostituzionalità paventata dal consigliere Mariella Mularoni nel suo intervento in commissione il 3 agosto scorso?
  3. Non ci sono modifiche nel rapporto numerico alunni/insegnante che rimane approssimativamente intorno a 8,5. Non si vede dunque come con tale modifica possa essere compromesso il processo educativo e la cura cura per l’infanzia. Va anche precisato che tale rapporto è sensibilmente inferiore rispetto a quello italiano e di altri Paesi europei. Sul sito Eurostat ci sono tutte le statistiche ufficiali. Media Europea: 14,3. Unici stati sotto i 10 bambini per insegnante: Svezia (densità popolazione 20 volte inferiore) e Islanda (180 volte inferiore). La Finlandia, tante volte citata come paese modello in questo campo, ha 10 bambini per insegnante.
  4. Non è vero che nella scuola dell’infanzia vengono a meno 6 insegnanti come indicato nel comunicato CSU del 19 luglio scorso, seguiti a ruota 5 giorni dopo dal comunicato congiunto PS e PSD che parlava anch’esso di 6 insegnanti in meo.
    Lo ripetiamo ancora, 4 insegnanti in meno per il solo periodo settembre – giugno, perché ci sono meno bambini all’inizio, che si riducono a soli 2 insegnanti in meno nel secondo quadrimestre, perché nei plessi di Fiorentino e di Murata dal 1° febbraio il numero degli iscritti è superiore a 43. Non mi sembra una catastrofe, a meno che si vogliano mantenere un sistema che arriva ad avere una scuola, Montegiardino, con un rapporto di 5,8 alunni per insegnante.
  5. La modifica che prevede la presenza di un unico insegnante di educazione fisica per castello: mi sembra un’ottima cosa perché garantisce una maggior continuità didattica fra i due ordini scolastici infanzia-elementare. L’offerta formativa nella materia non cambia, anzi probabilmente migliora proprio in ragione di tale continuità. Le ore di lezione rimangono le stesse e nella repubblica ci sarà un insegnante di educazione fisica in meno. Crediamo che questo sia penalizzare la scuola e l‘offerta formativa? Per un insegnante in meno di EF a parità di ore di insegnamento erogate? In alcuni casi può essere negativo, stesso insegnante per molti anni, ma per altri può essere positivo sotto l’aspetto della continuità. Qualcuno ha la verità in tasca e sa con certezza matematica che sarà solo un peggioramento?
  6. Recupero ore nella Acuola Secondaria: cosa c’è di così enormemente peggiorativo? Le ore in meno di lezione dovute all’articolazione di orario in unità da 50 minuti verranno utilizzate per attività integrative. Se tali attività sono già svolte adesso dagli insegnanti, in maniera volontaria e gratuita, che problema c’è se si stabilisce che si devono fare, così possono poi essere progettate ancora meglio e organizzate in maniera più organica? Non è questione di misurare i minuti col bilancino, è invece una questione di metodo e organizzazione: essendo ore istituzionali, saranno programmate e integrate meglio nell’offerta formativa.
    Nelle scuole italiane questa “restituzione” di 3 ore c’è già da alcuni anni e anche a San Marino questo tema è all’ordine del giorno da tempo – mi è parso di capire – nel collegio docenti.
  7. Per quanto riguarda la sperimentazione, ampia autonomia è stata data alla scuola che le organizzerà come meglio crede con il coinvolgimento attivo degli insegnanti.

Si è parlato di scuola più moderna, di modello finlandese. Con me, consigliere Zafferani, sfonda una porta aperta: io da anni faccio parte di un gruppo di studio su modelli scolastici alternativi ed ho conosciuto varie esperienze innovative.

I modelli alternativi e innovativi sono bellissimi, ma bisogna calarli nella realtà.

Impiegano generazioni ad essere metabolizzati e soprattutto, in una società conservatrice e immobile come quella sammarinese – dove se sposti una forchetta da sinistra a destra – ti ritrovi tutti contro, li vedo di difficile attuazione. Ma guardiamo pure al modello finlandese che piace tanto alla Zafferani e per molti aspetti anche a me:

  • Non basta avere la laurea per insegnare: vengono selezionati solo i migliori laureati e sottoposti a test attitudinali per verificare se sono in grado di insegnare
  • Gli insegnanti sono obbligati a stare a scuola tutto il giorno, anche dopo le lezioni
  • In media, per ogni 4 ore di lezione ce ne sono due di perfezionamento professionale
  • La scuola dell’obbligo inizia a 7 anni
  • Pochi esami e pochi compiti fino all’adolescenza
  • Nessun test nei primi nove anni di scuola, nessun voto fino alla 2° media
  • Alunni con difficoltà non selezionati in base alla certificazione ma in base alle concrete capacità di apprendimento
  • Esiste un curricolo nazionale ma è solo indicativo. Si tratta solo di linee guida generiche. In sostanza, non ci sono programmi

Vogliamo adottare il metodo finlandese? Ma non a pezzi, solo quello che piace, tutto. Ce la facciamo? Soprattutto la parte che dice di avere gli insegnanti tutto il giorno a scuola e quella sul test agli insegnanti. Lo sottoscrive consigliere Zafferani? Perché quando si va dalla teoria alla pratica, cambia un po’… Come dice un vecchio detto: “la differenza tra teoria e pratica è, in pratica, molto più grande che in teoria”, aggiungerei “ancora di più a San Marino”.


Ma metodo finlandese o no, qui non stiamo riformando la scuola: il decreto è intitolato “INTERVENTI NELLA ORGANIZZAZIONE DEL SISTEMA SCOLASTICO”. Cioè riguarda aspetti prettamente organizzativi: non stiamo riformando nulla, non stiamo rivedendo i curricoli, cambiando il sistema di valutazione, rivedendo la formazione degli insegnanti o le linee guida pedagogico/didattiche.

Ma tornando al decreto, possiamo obiettivamente dire che non ci sia attenzione verso la qualità dell’offerta formativa e in generale verso la scuola?
Progetti come il Plurilinguismo, il potenziamento dell’Inclusione scolastica, lo sviluppo delle competenze di cittadinanza e digitali sono tutte misure per fare della scuola un’istituzione al passo coi tempi, non concentrata solo sulla trasmissione di nozioni ma finalizzata a stimolare nei ragazzi autonomia e capacità critica.

Ricordiamo anche le misure per il miglioramento la qualità dei prodotti alimentari per la refezione scolastica, l’edilizia scolastica e il progetto per un nuovo polo scolastico.
Non è quindi vero che l’unico obiettivo è tagliare e risparmiare, fare tagli lineari come qualcuno ha protestato. Non si fanno quindi tagli lineari alla cieca: si ha il coraggio di distinguere e fare scelte.
Scelte che non sono certo la legge di Mosè scritta sulle tavole, sono modificabili. Non a caso il primo articolo ha un emendamento della maggioranza che lo rende una sperimentazione per il solo prossimo anno scolastico. Poi si vedrà.
Non tutto è fisso e certo, siamo in una fase di grande trasformazione sociale: alcune scelte fatte oggi, possono tra poco essere diverse, mi riferisco ad esempio alle scuole dei piccoli castelli e alla scelta di tenerle comunque aperte, scelta che per alcuni aspetti condivido e per altri mi lascia dubbioso.

Nell’incontro che la rappresentanza sindacale degli insegnanti ha avuto con alcuni consiglieri di maggioranza, a cui ho partecipato, mi ha colpito l’intervento di un professore che ha detto che la qualità di una scuola non dipende tanto dalla modernità delle strutture scolastiche, dallo stipendio, dalle ore ma dall’entusiasmo che i professori mettono nel loro lavoro. E sottoscrivo in pieno questa affermazione.
Lo stesso professore ha detto che l’andare a conteggiare i minuti non lavorati e imporre ore supplementari da coprire, si configura come un atto di sfiducia dello stato verso la categoria, uno svilimento professionale.
Io rispetto quest’opinione ma io sono una persona semplice, non lavoro nella scuola e sicuramente non conosco tante cose, ma ragiono in modo semplice: se un insegnante nel corso della settimana effettua 15 ore e gli si chiede di mettere a disposizione le 3 ore rimanenti per attività di recupero o altri progetti decisi dalla direzione didattica, perché deve essere visto come una svalutazione professionale? Mi sembra una cosa normale e facilmente organizzabile. Non solo: è un riconoscimento ufficiale di ciò che già gli insegnanti fanno, infatti ci hanno più volte detto come fanno già diverse ore di lavoro in più a scuola. E torno continuamente a chiedermi dove sta il problema, ma sono disponibile anche a cambiare idea se qualcuno me ne darà le ragioni…
Tante famiglie chiedono corsi di recupero e sostegno per chi ha più difficoltà, esigenza più volte emersa: a qualcuno non va bene perché sarebbe non offrire parità educativa, in quanto alcune famiglie non possono portare i figli alle lezioni di recupero. Con tutte le attività alternative sportive ed altro che praticano i nostri figli, le eventuali lezioni private che tanti ragazzi al pomeriggio frequentano, i genitori non trovano il tempo per la cosa più importante, la scuola? Riescono a fare tutto, ma le ore supplementari a scuola no?
Certamente non è mai facile portare i propri figli avanti e indietro, io lo so perché ne ho avuti 4 per un periodo: con un po’ di sacrificio e aiuti e solidarietà familiari io penso che tutti possano trovare il modo di farlo.
Ancora: tutti sappiamo come la scuola non è più quella di una volta basata solo su lezioni frontali. Tante attività diverse, laboratori, progetti sono all’ordine del giorno: non è questo il cuore vero della professione, lo stare con i ragazzi, aiutarli, praticare didattiche innovative? Perché viene vissuto così negativamente il normare le ore supplementari per arrivare alle 18 ore ufficiali?

La scuola ha un valore inestimabile per tutta la società: facciamo ogni sforzo per renderla sempre migliore e cerchiamo di non creare polemiche per una riorganizzazione che non abbassa la qualità, anzi, in alcuni casi la alza.
Nessuno vuole attaccare la scuola, nessuno vuole che il luogo dove si formano i nostri stessi figli, le future generazioni sia oggetto di risparmi immotivati e abbassamento di standard qualitativi.
La propaganda interessata di qualcuno – non di tutti – ma di qualcuno è molto evidente: perché altrimenti non ci sono stati scioperi ad oltranza, resistenze, interventi scandalizzati in aula per il Decreto Delegato n. 86 del giugno 2014? Prevedeva:

  • la riduzione di un corso della scuola media di Fonte dell’Ovo (11 anziché 12)
  • la riduzione di un insegnante nei plessi con meno di 65 alunni
  • l’adozione di un tempo scuola di 40 ore settimanali (anziché 50) nella scuola dell’infanzia (Dogana e Cailungo) con riduzione di 2 insegnanti
  • la riduzione del numero degli insegnanti distaccati presso i centri di documentazione e presso la Ludoteca
  • la riduzione del personale non docente e riduzione delle sostituzioni
  • la riduzione delle propine d’esame e dell’indennità di funzione per gli insegnanti

Il presente decreto però, a differenza di quello del 2014, ha un grande assente: i tagli. Perché l’unico vero taglio, se così lo vogliamo chiamare, quello sulle insegnanti d’infanzia, era già ormai consuetudine per la deroga che la commissione paritetica sulle cattedre aveva fatto gli anni scorsi.
Il grande torto, i tagli, l’abbassamento della qualità, la distruzione della scuola dove stanno?

E se, come ha affermato qualcuno, alla fine questo decreto non fa poi un granché, perché tutto questa grande manifestazione di protesta che arriva a fare accuse molto pesanti? Qualcuno attacca il governo perché il decreto fa poco e niente, altri perché fa troppo. Per il bilancio è poco, per la scuola è troppo!

Molte sfide ha oggi la scuola, molte scelte innovative potrebbe fare: ad esempio rendere obbligatoria la scuola dai 5 anni? Oppure il CLIL (l’insegnamento curricolare di alcune materie in inglese), l’eccesso di medicalizzazione (le troppe diagnosi ormai sono uno dei grandi mali della scuola in Italia e mi sembra di capire anche a San Marino), la preparazione degli insegnanti di sostegno, la carenza di docenti, le classi non più divise per età ma per gruppi di apprendimento, l’adozione di sistemi di valutazione autentica e autovalutazione.
Questi sono alcuni dei grandi temi che dovremmo affrontare per la scuola, e non discutere all’infinito di un insegnante in meno di EF o sulla durata in minuti delle ore di lezione.

Concludo annotando con piacere che il consigliere Bucci ha detto che non sempre chi protesta ha ragione per forza. Concordo. E l’ascolto è sempre utile, anche se ognuno rimane nell’idea di partenza. Non ho certezze assolute, ma allo stato attuale non posso concordare con le valutazioni fatte dai sostenitori dello sciopero.
Tutto cambia velocemente e questo piccolo intervento di organizzazione, che magari tra pochi anni potrà cambiare per le mutate condizioni esterne, oggi a mio parere non causa danni alla nostra offerta formativa e, anzi, sotto alcuni aspetti la migliora.

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