L’eredità di 4 anni di politiche economico-finanziarie del Governo

L’eredità di 4 anni di politiche economico-finanziarie del Governo

Abbiamo provato a tracciare qualche bilancio di 4 anni di gestione economico-finanziaria del Governo. Giusto per ricordare qualche fatto oggettivo, davanti alle costanti magnificazioni della situazione da parte del Segretario Gatti, che dipinge da anni un Paese che non c’è.

Cominciamo con i giudizi degli organismi internazionali. Il Governo ha ereditato un Paese con rating BBB-, un rating “investment grade”, difeso nel 2019 nonostante le elezioni già convocate ed un bilancio tecnico partorito dal pittoresco “tavolo istituzionale” con un grosso disavanzo; ora il Governo consegna il paese con un rating BB (2 livelli sotto), non investment grade e quindi non credibile per gli investitori (cosa che ci costa milioni di euro all’anno in più di maggiori costi di finanziamento). Forse, se l’operazione di cartolarizzazione sarà apprezzata dall’agenzia Fitch (cosa obiettivamente prevedibile), torneremo al rating precedente nel prossimo giudizio. Gatti da anni blatera di avere ricevuto un Paese fallito, i fatti dicono diversamente.

Abbiamo però 200 milioni in più di debiti rispetto al 2019, come mostrano le tabelle allegate al Programma Economico 2024. E si parla di nuovo debito al netto di quello necessario per gestire le crisi bancarie, quindi debito utilizzato per finanziare la spesa corrente e il deficit dello Stato. Gatti continua a dire che, grazie al loro lavoro, le finanze pubbliche sono in sicurezza e che il debito è stato ereditato dal passato: i fatti (e le tabelle) dimostrano che non è così, abbiamo finanziato a debito (che dovremo ripagare e che ci costa milioni di euro all’anno) anni di mancate scelte.

“Eh ma le entrate sono cresciute, il bilancio è in attivo”, dicono da pianeta maggioranza. Peccato che le nuove entrate derivino da situazioni straordinarie come le confische (15 milioni di euro nel 2022), e dall’effetto dell’inflazione che ha dato un “boost” alla monofase (una tassa che si paga sul costo di importazione, quindi segue direttamente l’inflazione) e ha penalizzato in maniera importante i dipendenti e pensionati (circa 10 milioni derivanti dalla mancata applicazione del fiscal drag). Non è difficile generare un utile con l’inflazione e a spese di lavoratori e pensionati, peccato che non c’è nulla di strutturale e dipende tutto da cose contingenti.

“Si la disoccupazione è azzerata”, ti senti rispondere. Circa l’86% dei lavoratori assunti nel settore privato negli ultimi 2 anni è un lavoratore frontaliero, quasi 10 punti in più di quanto avveniva nel 2018 o 2019 ai tempi del “famigerato” 4,5% e della prima liberalizzazione delle assunzioni che è avvenuta. Allora perché la disoccupazione si è azzerata? Perché la Pubblica Amministrazione ha dimenticato la spending review e sta assumendo lavoratori (principalmente giovani) in enormi quantità (circa 300 dipendenti in più in 4 anni, 250 solo nell’ultimo anno). Quindi i giovani non si occupano più nel settore privato, ma nel settore pubblico, e così non è difficile ridurre la disoccupazione.

“Ma l’economia vola, abbiamo fatto interventi che si sono rivelati efficaci”. L’economia va bene, è vero, perché la massa importante di investimenti che le imprese (specie quelle manifatturiere) hanno fatto fra il 2017 e il 2019 ha permesso loro di ripartire con grande forze dopo il Covid sfruttando al meglio il ciclo economico positivo. Solo se si investe, si può crescere. Il punto è che gli investimenti si sono fermati, ce lo dice l’Anis nei suoi report annuali: anche dopo il Covid (2022 e 2023) gli investimenti non sono ripartiti. E non c’è stato mezzo intervento per invertire questo trend, per stimolare la ripartenza degli investimenti, con i Segretari competenti impegnati ad andare in giro per il mondo con trasferte continue, pensare ai razzi spaziali, a fantomatici aeroporti, o ad altri progetti mirabolanti senza concretezza. Non si può parlare di una economia in fiducia se non si investe, e lo vedremo purtroppo nei prossimi anni quando l’effetto di questa mancanza di investimenti si vedrà.

Questi sono i fatti. In mezzo a tutto ciò, la totale disattenzione al grande problema di questi anni: l’impatto del caro vita e dell’aumento dell’inflazione sulle famiglie, che hanno perso potere d’acquisto e faticano ad arrivare a fine mese persino se lavorano. Sono aumentati bollette, mutui, benzina, carrello della spesa, ma il Governo ha messo in campo solo un aumento dello sconto Smac sui generi alimentari dell’1%: questo è sintomatico dell’attenzione a questa esigenza. 
E zero attenzione anche ai grandi temi di medio termine del Paese, in particolare la natalità dimezzata, la riforma del welfare per la terza età, l’autonomia energetica e idrica.

Repubblica Futura lavora e lavorerà per un cambio di rotta, senza perdere tempo a dare le colpe (come ha fatto per 3 anni questa maggioranza) perché siamo consapevoli che i problemi del Paese derivano da anni e anni di mancate scelte e di attenzione solo al contingente, al consenso, all’autocelebrazione. Servono idee chiare sulle cose da fare e destinazione corretta delle risorse (poche) disponibili alle cose prioritarie. Su questo ci sarà il nostro impegno e la nostra disponibilità

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