La strategia del rinvio

La legislatura sembra davvero avviarsi ad una fine precoce, o quantomeno sembrano farlo governo e maggioranza.
Nella commissione finanze iniziata lunedì, infatti, due dati sono emersi con forza. Il primo: questa convocazione doveva servire a portare in porto una delle due grandi riforme annunciate dal governo, quella del lavoro.
Evidentemente la maggioranza aveva deciso di concentrarsi su due riforme, pensioni e lavoro, che avrebbero visto protagonisti i due principali contraenti del patto di governo: Ciavatta, per Rete, che si sarebbe dovuto far carico di una nuova legge sulla previdenza e Lonfernini, per la DC, che avrebbe dovuto occuparsi di una nuova legge sul lavoro, appunto. Il Segretario Gatti, più furbescamente di tutti, aveva già da tempo deciso di tirare il freno a mano e di rimandare, sine die, il testo sulla riforma dell’IGR e sull’introduzione dell’IVA – che, a questo punto, difficilmente vedranno la luce – per evitare ogni tipo di problematica elettorale o sociale.
Oggi però si scopre che sui punti più cruciali, fortemente innovativi, della riforma del lavoro, il Segretario Lonfernini ha deciso di battere in ritirata, abrogando gli articoli più discussi – su tematiche come la durata del tempo determinato, la regolamentazione del lavoro interinale e dei distacchi, il ruolo delle agenzie di intermediazione privata – e demandando tutto a futuri decreti delegati, quindi, forse, all’anno del mai.
Certo i temi erano complessi e avrebbero suscitato contrarietà. Repubblica Futura aveva manifestato già in prima lettura disponibilità al confronto, non apponendo rifiuti a priori. Il Segretario Lonfernini ha evidentemente deciso di rinunciare.
Insomma, da un lato Rete ha tenuto duro su una riforma, quella pensionistica, che certamente non ci piace; dall’altro la DC, per quanto riguarda la riforma del lavoro, ha preferito adottare una tattica ormai consolidata, quella della dilazione, del rinvio a chissà quando pur di evitare problemi di consenso.
E la visione sullo stato del paese, tra i due principali attori della maggioranza, si è protratta anche sull’analisi dei conti pubblici. Grazie alle domande ed agli stimoli dei nostri membri in commissione, finalmente abbiamo avuto una ulteriore conferma: il deficit che va consolidandosi con l’ultimo assestamento di bilancio, non è un attivo di 5 milioni, come la DC ha voluto far credere, ma un ammanco di circa 76 milioni di euro (cifra resa nota, con tanto di analisi dei capitoli di bilancio che la determinano, da un consigliere di maggioranza!).
Allora ci chiediamo: ma se neppure sullo stato dei conti pubblici la maggioranza riesce ad avere la stessa visione, come può continuare a governare o a formulare proposte che sanino la condizione attuale, drammatica, della finanza pubblica? Temiamo davvero che la tecnica del rinvio, in un tempo così difficile per la nostra Repubblica, rischi, specialmente questa volta, di metterci definitivamente in guai seri.
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