Giovanni Lonfernini: valorizziamo il patrimonio agro-zootecnico Sammarinese

Giovanni Lonfernini: valorizziamo il patrimonio agro-zootecnico Sammarinese

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Credo sia giusto sottolineare il cambiamento di ottica che ha contrassegnato la legislatura appena terminata relativamente ai temi del territorio e dell’ambiente, poiché contraddistinto da un approccio non più speculativo ma conservativo e di valorizzazione delle nostre limitatissime risorse.

Per quanto attiene più specificamente al settore agro-zootecnico, credo appaia a tutti evidente che il nostro territorio, per le ridotte dimensioni e per la sua complessità a livello orografico ed idrogeologico, mal si adatta a produzioni di tipo intensivo ma che dobbiamo puntare sulla valorizzazioni delle nostre tipicità con standard qualitativi molto alti.

Sicuramente il progetto San Marino Bio 2024 va in questa direzione ma è contraddistinto da alcune criticità che vorrei in seguito analizzare.

Partirei però da una veloce disamina su come è stato gestito questo settore negli ultimi decenni.

Lo Stato è intervenuto sovvenzionando anche in maniera sostanziosa il comparto, senza però riuscire ad innescare un circolo virtuoso che doveva portare, stante la consistenza degli investimenti, ad avere strutture all’avanguardia, capaci anche di fare da volano per il turismo enogastronomico e non solo, con la possibilità, per alcune se non per tutte, di offrire servizi di ospitalità e ristorazione. Invece la situazione su questo fronte rasenta il desolante se rapportata al circondario, senza andare a scomodare realtà ancora più evolute.

Alcune iniziative importanti sono state intraprese negli anni passati.

La creazione di marchi di qualità e relativi disciplinari conglobati nel “Consorzio Terra di San Marino” va sicuramente nella giusta direzione, così come sono degne di lode la passione e l’impegno che vedo profondere da diverse cooperative del settore, ma c’è ancora tanto da fare.  Cosa è mancato dunque? E’ mancato il credere veramente da parte della politica nelle potenzialità del settore attraverso un piano coerente e lungimirante di crescita e sviluppo. E’ mancata la forza di abbandonare una logica clientelare secondo la quale alla assegnazione di fondi non doveva necessariamente corrispondere un incremento qualitativo delle attività ma semplicemente un mero sostegno a posizioni di potere. E’ mancato un discorso di pianificazione territoriale, che consentisse alle attività agro-zootecniche di avere i necessari spazi per operare senza entrare in situazioni di conflittualità con le realtà residenziali.

E’ mancata una valorizzazione del ruolo degli operatori del settore come garanti e custodi del territorio (cosa che invece si percepisce chiaramente ad esempio nelle realtà alpine che spesso mi capita di frequentare), anzi questi ultimi sono spesso visti come avvelenatori o deturpatori dello stesso territorio. Tutto ciò ha causato malessere e frustrazione negli operatori rallentando gli investimenti e scoraggiando anche i giovani ad un impegno professionale nel settore.

La risposta a queste mancanze è stato il “progetto San Marino Bio 2024” lanciato nella scorsa legislatura, teso appunto a trasformare completamente entro il 2024 San Marino in uno Stato con produzioni agro-zootecniche ottenute esclusivamente con metodiche biologiche. Per la prima volta si è concretamente messo mano alla materia. Questo progetto ha sicuramente innegabili risvolti positivi, come una importante ricaduta di immagine a livello internazionale e la possibilità di aumentare l’appetibilità per le giovani generazioni di questo comparto lavorativo.

Da Veterinario vorrei sottolineare anche che l’approccio biologico alla agro-zootecnia pone un’attenzione molto spiccata alla problematica del benessere animale, intendendo che le pratiche e le condizioni allevatoriali debbano essere ispirate alla conoscenza della etologia e della fisiologia degli animali stessi, riconoscendoli come esseri senzienti al fine di garantire loro condizioni di vita adeguate e rispettose, rifiutando le storture che l’allevamento intensivo, votato esclusivamente alla ricerca delle massime produzioni, spesso propone. Ovviamente su questo tema sposo pienamente la filosofia del biologico.

Al contrario di altre iniziative della segreteria al territorio uscente, questo progetto è contraddistinto da una certa mancanza di concretezza. Nell’intraprendere questo percorso occorreva, a mio parere, confrontarsi più assiduamente con gli operatori del settore poiché, da quello che ho potuto riscontrare durante il mio lavoro, queste decisioni sono state vissute come calate dall’alto e imposte in modo autoritario ed integralista, senza un’adeguata dialettica e senza dare modo agli operatori stessi di metabolizzare la questione ed avere una comprensione piena del progetto, comprese le ricadute positive che questo avrebbe nei loro stessi confronti.

Un’altra criticità riguarda i tempi di realizzazione del progetto.

Molte strutture, soprattutto quelle zootecniche, sono purtroppo in diversi casi ben lontane dal consentire la pratica di un’attività compatibile con il biologico e di diventare operative anche a livello di recettività turistica. Sono necessari investimenti e tempi che credo difficilmente compatibili con quanto previsto.

Va tenuto presente che se alcuni tipi di filiere produttive si prestano, per loro stessa natura, ad un passaggio relativamente semplice ed indolore al regime biologico, per altre ciò è più complesso e richiede inevitabilmente più tempo e risorse.

Altro aspetto discutibile sta nel fatto che si ha intenzione di imporre il biologico a tutti indistintamente e questo mi suscita delle perplessità anche per un banale discorso di libero arbitrio.

In definitiva cosa chiede un consumatore al mercato alimentare?

Chiede prodotti di qualità ad un costo ragionevole, ottenuti nel rispetto della terra e del benessere animale e ovviamente sani, cioè privi di residui pericolosi. Ritengo che tutto ciò sia possibile anche al di fuori del biologico.

Potrebbe essere auspicabile quindi creare una sorta di filiera certificata parallela, comunque ispirata a principi di assoluta qualità, salubrità dei prodotti e rispetto degli animali e dell’ambiente, da affiancare alla filiera Biologica vera e propria che può anche essere finalizzata a convergere nel biologico stesso (non metto in discussione la validità di questo obiettivo finale) con l’impegno di rivalutare la situazione dopo un periodo di tempo predefinito.

Questo renderebbe meno traumatica, e in definitiva possibile, questa trasformazione epocale del nostro comparto agro-zootecnico, dando tempo a chi non è interessato di uscire dal settore in maniera meno traumatica e concedendo a chi è invece interessato la possibilità di aderirvi consapevolmente.

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